“[…] sono stata tentata di mollare tutto”.
“[…] scoraggerò fino all’ultimo le mie figlie a fare le ricercatrici. A meno che decidano di andarsene all’estero”.
Sono dure le parole di Marilena Ciciarello, ricercatrice pluripremiata negli Stati Uniti ma precaria in Italia.
Madre di due figlie, ha dedicato vent’anni della sua vita alla ricerca ma il Bel Paese non sembra apprezzare, o quanto meno comprendere, l’enorme contributo delle sue ricerche e di quelle di tutti i suoi colleghi impegnati nel campo della ricerca.
Nel 2019 è stata vincitrice per la seconda volta del prestigioso premio Ash Giuseppe Bigi Memorial Award con il suo studio sui meccanismi che alimentano la leucemia. La prima vittoria era arrivata nel 2013.
La scienziata italiana di 43 anni è attualmente legata ad un contratto con l’Ail, associazione italiana contro le leucemie-linfomi e mieloma, mediante il programma “Adotta un ricercatore”.
La condizione di precarietà la costringe a sperare ogni anno in un possibile rinnovo del contratto di lavoro; quest’anno, l’associazione in questione, le ha già anticipato che tale rinnovo si verificherà nel mese di maggio.
Ma c’è un ulteriore dettaglio (si fa per dire) che rende questa situazione ancor più spiacevole: “La cosa peggiore è che con il mio contratto non è possibile accedere ai fondi di ricerca messi a disposizione da agenzie private o pubbliche perché non sei istituzionalmente nessuno, né per l’ospedale né per l’università” ha dichiarato la donna.
Dunque la scelta più sensata sembrerebbe quella di emigrare verso un altro Paese dove vengano destinati più fondi per la ricerca e dove le possano essere riconosciuti i propri meriti e il suo curriculum, di tutto rispetto, possa essere apprezzato.
Laureata in Biologia all’Università La Sapienza di Roma, un dottorato in genetica e biologia molecolare, con un ulteriore specializzazione in Genetica applicata.
Eppure, nonostante poche persone abbiano acquisito le sue conoscenze in materia o possano dirsi preparate quanto lei, è stata costretta a prendere in considerazione l’ipotesi di traferire la sua famiglia all’estero.
Tuttavia la dottoressa afferma di aver accantonato questa possibilità, poiché richiederebbe una difficoltà non da poco. Ammette invece di aver pensato di cambiare occupazione e a tal proposito ha preso un master in nutrizione che potrebbe aprirle un’altra strada nel mondo del lavoro.
“[…] Mi chiedo però se sia giusto che persone come me, gente che ha dedicato più di vent’anni alla ricerca, vivano un senso di abbandono tale da doversi arrendere”.