In questa situazione di emergenza sanitaria, sono i medici e gli infermieri a trovarsi in prima linea ad affrontare il virus. I ricercatori non sono da meno, anzi il loro lavoro di ricerca costante sta portando alla luce i primi risultati. In questi giorni sono entrate in ballo diverse possibili cure per combattere il coronavirus. Vediamole in questo articolo.
Cure che arrivano dall’Olanda
Il gruppo dell’Università olandese di Utrecht, guidato da Chunyan Wang, ha svolto la ricerca pubblicata sul sito BioRxiv. Il gruppo ha messo a punto il primo farmaco in grado di inibire il Coronavirus. Si tratta di un anticorpo monoclonale specializzato nel riconoscere la proteina che il virus utilizza per aggredire le cellule respiratorie umane.
L’anticorpo si lega quindi alla proteina Spike, che si trova sulla superficie del virus, e le impedisce di legarsi ad altre cellule, rendendo impossibile al virus di replicarsi al loro interno. Il gruppo olandese ritiene che tale anticorpo abbia le potenzialità per il trattamento e la prevenzione del COVID-19. Quando è esplosa la pandemia da coronavirus, i ricercatori erano già al lavoro su un anticorpo contro la SARS e hanno notato che gli anticorpi usati per combattere tale malattia erano in grado di bloccare anche il nuovo virus. L’ Università di Utrecht, però, ha messo in guardia sulle tempistiche affermando che è ancora troppo presto per speculare sulla sua efficacia per l’uomo. Infatti non è ancora stato testato su quest’ultimo e per farlo ci vorranno dei mesi.
Il lavoro è ancora in fase di revisione e i risultati devono ancora essere confermati. Infine i ricercatori sperano di convincere una compagnia farmaceutica a produrlo e tutto ciò richiede tempistiche molto più lunghe rispetto allo sviluppare un vaccino.
Plasma tra le possibili cure
Una strategia già esplorata in Cina per trattare i malati di coronavirus è il plasma. Ora questa strategia si sta mettendo a punto anche in Lombardia. Il capofila dell’iniziativa è il Policlinico San Matteo di Pavia, ma il progetto è stato siglato da diversi centri regionali tra cui l’Asst di Mantova. La strategia consiste nell’utilizzare il plasma dei pazienti guariti dal virus, con alti livelli di anticorpi, per aiutare i pazienti gravi.
L’unità di crisi di Asst ha dato quindi il via libera al prelievo del plasma da alcuni pazienti guariti che, presentando alti livelli di anticorpi contro il nuovo virus, possono diventare donatori a favore dei malati gravi di COVID-19. L’infusione del plasma a scopo terapeutico è in attesa dell’autorizzazione del Consiglio Superiore di Sanità e la Regione Lombardia ha informato che si sta adoperando per ridurre i tempi di approvazione finale del protocollo. I potenziali donatori saranno selezionati in base a caratteristiche specifiche. Inoltre i criteri stabiliti dall’OMS per la definizione della guarigione prevedono l’esecuzione di due tamponi a distanza di 24 h l’uno dall’altro entrambi aventi esito negativo.
Farmaco antiartrite
Un farmaco, il Tocilizumab, nato per ridurre l’artrite reumatoide, riduce l’infiammazione provocata dal nuovo virus. Mancano in realtà degli studi clinici, ma ci si basa su singoli casi cinesi e solo ora su qualche caso italiano. Si tratta comunque di una notizia che dà speranza, soprattutto per i casi più gravi, verso i quali è diretto ogni sforzo per trovare una cura, anche solo per alleviare i sintomi. L’AIFA, Agenzia italiana del farmaco, ha deciso di occuparsi di un anticorpo monoclonale ovvero un medicinale biologico, nato per una malattia autoimmune, l’artrite reumatoide.
Il farmaco, prodotto dalla casa farmaceutica Roche, è stato utilizzato in Cina e non esistono studi decisivi sui risultati ottenuti. Ha però funzionato su almeno una ventina di pazienti. In Italia ci sono strutture che hanno iniziato ad attuare cure mirate con questo farmaco a Milano, Bergamo, Fano e Napoli, scambiandosi informazioni con i colleghi cinesi. Pare che si stiano già manifestando effetti positivi e nonostante il medicinale non agisca contro il COVID-19 va a combattere i suoi sintomi più gravi.
Nuovi vaccini
Mentre i casi di Coronavirus continuano ad aumentare, si allunga anche la lista delle società che stanno lavorando alla ricerca di un vaccino. Sono iniziati i test per sperimentare i vaccini per il Coronavirus sull’uomo. I test inizieranno su 45 giovani volontari sani ai quali verranno somministrate diverse dosi sviluppate da Nih e dalla startup biotech del Massachusetts, Moderna. Il vaccino prodotto si chiama mRna-1273, e l’obiettivo dei test è verificare che il vaccino non comporti effetti collaterali di rilievo. Se tutto va bene si tratterebbe di un record: 3-4 mesi per lo sviluppo e l’applicazione di un nuovo vaccino. In ogni caso però i funzionari della sanità pubblica americana ribadiscono che ci vorranno da un anno a 18 mesi per rendere valido qualsiasi potenziale vaccino.
L’istituto Migal d’Israele ha reso noto un altro grande passo avanti nella ricerca di un vaccino anti-COVID-19. I ricercatori sarebbero vicini alla creazione di un vaccino anti Coronavirus grazie agli importanti risultati scientifici ottenuti. Gli scienziati spiegano che questa possibilità è il sottoprodotto di un vaccino contro il virus della bronchite infettiva, malattia che colpisce il pollame, la cui efficacia è stata dimostrata in alcuni studi pre-clinici. Il coronavirus del pollame ha un’elevata somiglianza genetica con il COVID-19 umano. Entrambi utilizzano lo stesso meccanismo di infezione e ciò aumenta la probabilità di ottenere un vaccino umano efficace in breve tempo.
Ci si trova ancora nel pieno dell’emergenza ma, nonostante ciò, non ci si perde d’animo. Si sperimenta, si studia, si analizza e si lotta. Tutto per trovare cure e rimedi adatti a combattere questo nuovo virus. Le vittime aumentano e le difficoltà sono tante. Queste cure e i molti altri farmaci che ancora devono essere scoperti danno, però, speranza. La speranza che sarà la scienza, anche questa volta, a salvare il mondo dal virus.