Il politologo Giovanni Orsina lancia un preavviso: “Attenti, nell’Università la libertà d’espressione si sta restringendo”. Sotto esame i casi dei docenti Bassani, Gervasoni e Gozzini come campione per l’intero sistema universitario.
Le dinamiche: Marco Bassani
Lo scorso novembre Marco Bassani, professore di Storia delle dottrine e delle istituzioni politiche dell’Università degli Studi di Milano, ha postato su Facebook una foto della neoeletta Kamala Harris dichiarando: “Sarà fonte d’ispirazione per le giovani ragazze, dimostrando che se vai a letto con l’uomo giusto, potente e ben ammanicato, anche tu puoi essere il secondo violino di un uomo con demenza. Come la storia di Cenerentola insomma”.
La lista universitaria Unisi-Uniti a Sinistra ha subito rintracciato e denunciato il post giudicato dagli studenti altamente sessista. Un clima che si ripete da diverso tempo in molti ambiti accademici, come dimostra il caso analogo del professor Donato Mitola. Dopo svariate polemiche l’Università di Milano ha deciso di intraprendere un procedimento disciplinare. Nel maggio 2021 per decisione del Cda della Statale il docente è stato sospeso dall’insegnamento per un mese, con conseguente interruzione dello stipendio.
Giovanni Gozzini
Nel febbraio 2021 durante una diretta dell’emittente fiorentina Controradio, il professore di Storia contemporanea, Storia del giornalismo e History of globalization dell’Università di Siena, Giovanni Gozzini, ha pronunciato pesanti offese verso la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni. “Pescaiola, vacca, scrofa, peracottara e rana dalla bocca larga” sono gli epiteti associati alla politica dal docente durante l’eloquio.
Malgrado le scuse, l’Università di Siena ha sospeso Gozzini dall’insegnamento per tre mesi con la successiva interruzione dello stipendio. L’ateneo ha ritenuto l’atto non solo lesivo della propria immagine, ma anche notevolmente sessista, poichè il ruolo del professore dovrebbe essere un esempio per gli studenti.
Marco Gervasoni
La vicenda articolata attorno al professore di Storia Contemporanea dell’Università del Molise, Marco Gervasoni, si differenzia dalle precedenti. Su Twitter ha dichiarato che: “Il vero capo del regime sanitocratico è Mattarella”, “Mattarella non è il mio presidente” e “Mattarella tifa per il lockdown”.
Oltre a Gervasoni altre undici persone sono indagate. L’accusa è di reati di offesa all’onore e al prestigio del Presidente della Repubblica e istigazione a delinquere. Dopo la perquisizione dell’abitazione da parte dei carabinieri del Ros, il docente è risultato in collegamento con gruppi suprematisti e antisemiti tramite la piattaforma russa VKontakte, un social simile a Facebook.
Dopo l’arrivo dei carabinieri Gervasoni ha dichiarato: “I Carabinieri del Ros sono stati molto corretti, gentili e attenti, ma è stata una sorpresa trovarmi gli uomini del reparto speciale, quelli che normalmente si occupano di Totò Riina e degli jihadisti, alla porta di casa… io sono un professore universitario e la mia è stata solo legittima critica politica”.
Le opinioni del professor Orsina
Secondo il politologo i tre casi presi in analisi, anche se differenti l’uno dall’altro, dimostrano come la libertà d’espressione nell’ambiente accademico stia subendo una trasformazione.
L’aspetto determinate risulta essere l’ambito dell’espressione della propria opinione. Bassani, Gervasoni e Gozzini hanno subito ripercussioni dagli atenei per delle dichiarazioni fatte al di fuori dell’Università, ma considerate lesive per l’immagine delle stesse.
Secondo il politologo limitare la libertà di espressione sancita dall’articolo 21 della Costituzione è inaccettabile, soprattutto nell’ambiente in cui dovrebbe essere massimizzata. La tutela della pluralità delle idee è fondamentale in una società liberale, purchè non leda la reputazione o l’emotività altrui. Alla base c’è una realtà basata sul pluralismo che dimostra delle grandi contraddizioni, in cui l’individualismo si è trasformato in narcisismo.