Nelle Università di Parma e Torino potrà riprendere la sperimentazione sui macachi. Questa la decisione del Consiglio di Stato in merito allo studio Light-Up, dopo una battaglia legale durata circa un anno e mezzo. Esultano gli scienziati, mentre gli animalisti della LAV (Lega Anti Vivisezione) commentano: “Non ci fermeremo qui; abbiamo contribuito ad accendere i riflettori su quanto avviene dietro le porte chiuse dei laboratori, e noi faremo in modo che restino accesi“.
Light-Up
Lightup – Turning the cortically blind brain to see, questo il nome completo dello studio, finanziato dal Consiglio Europeo della Ricerca, al centro della vicenda giudiziaria. Il fine del progetto scientifico è quello di indagare il blindsight, un disturbo neuropsicologico che avviene quando il soggetto perde la vista cosciente ma mantiene la capacità inconscia di vedere. “Quando la mappa che il cervello crea della scena davanti ai nostri occhi è danneggiata, a causa di una lesione cerebrale, alcune funzioni rimangono sorprendentemente intatte. – spiega Marco Tamietto, responsabile scientifico del progetto Light-Up, in un’intervista rilasciata a Open nel 2019 – Siamo in grado di afferrare oggetti, evitare ostacoli, riconoscere espressioni facciali, discriminare il movimento. Tutto questo senza esserne consapevoli“.
Gli esperimenti per approfondire questo fenomeno verranno condotti su 6 macachi che, sottolinea Tamietto, “non verranno resi ciechi. A pazienti con una lesione simile o più estesa di quella praticata sugli animali, non verrebbe neppure ritirata la patente di guida”.
L’obiettivo dello studio è quindi quello di combattere alcune forme di cecità nell’uomo.
Lo stop alla sperimentazione
La LAV però non ci sta, è intervenuta raccogliendo quasi 450.000 firme e presentando ricorso al TAR per fermare le sperimentazioni. La vicenda si è però conclusa per loro in un nulla di fatto: gli esperimenti ripartiranno dopo 18 mesi di sospensione. Il Consiglio di Stato ha appurato in questo periodo la conformità del progetto alle norme di legge e ha quindi dato il via libera. La sperimentazione sui primati è peraltro una pratica comune in campo medico.
“Oggi non ha perso solo la LAV, e gli oltre 440’000 cittadini che hanno aderito alle nostre richieste, – ha commentato Michela Kuan, biologa responsabile LAV Ricerca Senza Animali – ha perso tutta la ricerca, ha perso l’Italia dove si continua a voler difendere una sperimentazione fuorviante, dispendiosa e ancorata al passato, a discapito del diritto e della vita di tutti e dei metodi innovativi di ricerca”.
Seppur però la LAV abbia perso questa battaglia, non si da per sconfitta nel sempre più vivo scontro etico tra ricercatori e animalisti. “Non ci fermeremo qui; abbiamo contribuito ad accendere i riflettori su quanto
avviene dietro le porte chiuse dei laboratori, e noi faremo in modo che restino accesi. Non ci arrendiamo davanti al muro che protegge ciò che accade dietro le sbarre di quelle gabbie, che si ostina a promuovere gli stabulari come luoghi di benessere”.
Un trend in diminuzione
Secondo i dati pubblicati dalla Commissione Europea nel 2020, nell’Unione stiamo assistendo a un’evidente diminuzione del numero di animali utilizzati per la ricerca ogni anno.
Una direttiva entrata in vigore nel 2013 col fine di ridurre il numero di esemplari soggetti a sperimentazione, e a ridurre la loro sofferenza, sembra stare dando gli effetti sperati. I numeri sono ancora molto elevati. Nel triennio 2015/2017, periodo più recente del quale abbiamo a disposizione i dati, sono stati utilizzati 10 milioni di animali l’anno, nella ricerca di base e applicata, nei test e per la didattica.
A questi si aggiungono oltre 12 milioni di animali utilizzati per mantenere le colonie di animali geneticamente modificati o soppressi perché in esubero. Il totale arriva quindi a oltre 22 milioni di esemplari. Numero che però, assicura la Commissione Europea, è nettamente inferiore rispetto al triennio precedente.
In Italia il numero di animali adoperati per la sperimentazione è in continua diminuzione, in linea con i principi di riduzione e sostituzione: si è passati dalle 777.731 unità del 2010 alle 607.097 del 2016, una tendenza che dal 1999 è rimasta costante.