Ripartenza, il futuro incerto delle Università

Elia Lo Piccolo

Dal 4 maggio è iniziata la Fase 2 anche per le Università. Parziali riaperture si vedranno già dal 15 giugno. Con grande probabilità, tuttavia, la didattica a distanza rimarrà l’alternativa migliore fino al 2021. La piena ripartenza dipende ancora dall’evolversi della situazione sanitaria. L’economia, inoltre, gioca un ruolo altrettanto importante: a settembre potrebbe calare il numero dei nuovi iscritti. Il futuro dell’Università si prefigura così tuttora incerto.

La ripartenza per le Università

“L’Università non si è fermata. Da settembre ripartiremo con le lezioni in presenza alternandole con la didattica a distanza per evitare sovraffollamenti. Abbiamo però il problema degli studenti stranieri e fuori sede: non dobbiamo lasciare indietro nessuno.”

Ministro Manfredi

Ad oggi, i portoni degli Atenei in tutta Italia risultano aperti esclusivamente per laboratori e biblioteche, rigorosamente accessibili solo su prenotazione. Dal 15 giugno sarà possibile valutare la possibilità di svolgere esami in presenza, almeno per gli atenei più piccoli. Il Ministro Manfredi punta al graduale ritorno in aula già da settembre, con modalità diverse a seconda della grandezza dell’ateneo. Non solo, quasi tutti i protocolli di sicurezza sono stati ultimati: barriere in plexiglas negli uffici pubblici, rilevamento della temperatura, disinfettanti e indicazioni per il distanziamento sociale.

Il crollo dei nuovi iscritti

Nonostante queste rassicuranti misure a tutela della salute e, quindi, del rientro in aula, il futuro dell’Università risulta comunque incerto. Sopratutto per quanto riguarda i nuovi iscritti.
Secondo l’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) il PIL italiano rischia una caduta dell’11,3%. Per di più, è previsto un balzo del rapporto debito-PIL pari al 158%. Di conseguenza, l’emergenza economico-sanitaria rischia di causare una diminuzione totale dei nuovi iscritti. Da un lato vi è la riduzione delle risorse a disposizione delle famiglie, dall’altro una minore propensione a spostarsi per studiare. Secondo l’Osservatorio Talents Verture (società di consulenza e orientamento) questa perdita si aggira attorno all’11% (35 mila studenti). Gli Atenei più colpiti saranno quelli che contano più fuori sede: Bocconi, Trento, Bologna (la quale conta da sola circa il 10% di tutti gli studenti fuori sede), Politecnico di Milano e Torino.

Soluzioni dal Ministero

Per fronteggiare questa possibile ricaduta degli iscritti, il ministro Manfredi intende ridurre i costi dell’Università. Le tasse universitarie non si pagheranno fino a 20.000 euro di ISEE. Per quanto riguarda invece le altre fasce sono previsti sconti per quelle famiglie che hanno subito un calo improvviso del reddito. Inoltre, è previsto nel Decreto Rilancio anche un incremento del fondo delle borse di studio. Un’altra soluzione proposta sarebbe quella del cosiddetto “Reddito d’Istruzione”. Una sorta di prestito che permetterebbe agli studenti di iscriversi all’Università a costo zero. Infine, l’introduzione di una nuova didattica “blended”. Una “comoda” via di mezzo fra la didattica a distanza e quella in aula, con l’obiettivo di facilitare la ripartenza.

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