Il recente attacco all’Università del Michigan riporta il tema delle sparatorie nei luoghi di istruzione al centro del dibattito pubblico. Gli Stati Uniti si confermano il Paese più interessato da eventi del genere. Tuttavia, sparatorie e attentati di massa negli Atenei si registrano con sempre maggiore frequenza in tutto il mondo.
L’attacco alla Michigan State University
La sparatoria all’Università del Michigan di qualche giorno fa ha evidenziato ancora una volta il problema dell’uso di armi da fuoco negli Stati Uniti. L’attentatore, un uomo di 43 anni affetto da disturbi mentali, ha aperto il fuoco nella hall principale dell’edificio, uccidendo tre persone e ferendone altre cinque, prima di togliersi lui stesso la vita.
Da inizio anno sono state oltre sessantacinque le sparatorie all’interno di istituti scolastici negli Stati Uniti. Più di una al giorno. Questo tipo di attentati non sono però nuovi nelle cronache globali. Già da diversi decenni, il tema della sicurezza in scuole ed Università è fonte di vere e proprie battaglie ideologiche e politiche.
Un fenomeno lungo e inarrestabile
A partire dall’attacco alla Bath School nel 1927, sono stati numerosi i campus e le scuole teatri di violenza. Primatisti assoluti in questa particolare classifica sono gli Stati Uniti. Riuscire a comprendere quali siano i motivi di tanta violenza richiederebbe, quanto meno, una riflessione a sé stante. Certo è che, in una società in cui sono presenti 89 armi ogni 100 abitanti, le basi sono tutt’altro che incoraggianti.
Un buon spunto di riflessione è offerto dall’associazione “Sandy Hook Promise”, che prende il nome dall’omonima scuola vittima di attacco nel 2012. Negli ultimi 50 anni sono stati ben 2.032 gli attacchi registrati contro scuole o Università nei soli Stati Uniti. Addirittura, oltre 500.000 studenti erano presenti nei campus durante sparatorie, o altri tipi di attacchi. Tutto ciò in un Paese in cui mediamente, ogni giorno, circa 12 bambini muoiono a causa di armi da fuoco.
Fecero molto scalpore, qualche anno fa, le dichiarazioni dell’allora Presidente Trump. L’ex Capo di Stato propose come soluzione di armare gli insegnanti, in modo tale da potersi difendere. Un’idea del genere ottenne un discreto consenso nelle parti più conservatrici della società statunitense.
Le sparatorie passate alla storia
Storicamente parlando, il primo attacco, ed anche il più grave in termini di vite umane, fu quello del 1927 alla Bath school. In quell’occasione, un collaboratore scolastico, contrario all’imposizione di una tassa necessaria alla costruzione della scuola, fece esplodere diversi ordigni all’interno e nei dintorni dell’Istituto. Il bilancio finale fu di 45 vittime, la maggior parte delle quali sotto i 13 anni, e 58 feriti.
Altrettanto conosciuto fu il recente attacco contro la Sandy Hook nel 2012. Adam Lanza, ventenne con leggeri disturbi psichici mai affrontati nel giusto modo, irruppe nella locale scuola elementare uccidendo 27 persone. Venti di queste bambini tra i 6 ed i 7 anni. Simile anche il caso della Robb Elementary School, dove, il diciottenne Salvador Ramos, uccise 21 persone in meno di un’ora. Le principali motivazioni a guidare questi gesti sono però legate al bullismo.
I casi più famosi in quest’ottica sono la Columbine High School nel 1999 ed il Virginia Polytechnic nel 2007. In entrambe lo occasioni, furono gli studenti ad aprire il fuoco contro i loro stessi compagni. Risultò da indagini e testimonianze successive che la motivazione a guidare gli attentatori era il bullismo ricevuto negli anni precedenti. Il bilancio complessivo fu di 48 vittime.
La diffusione del fenomeno
Al di fuori degli States, attacchi contro scuole ed Università si verificano prepotentemente a partire dai primi anni duemila. Tra il 2001 ed il 2004 tre attentati tra Giappone, Germania e Cina portano all’uccisione di più di 30 persone. Filo conduttore nelle vite degli attentatori è la presenza di disturbi mentali e un passato segnato da episodi di violenza. Il triste primato di attacco con più vittime spetta però alla Russia, ed in particolare alla regione dell’Ossezia del Nord, repubblica autonoma separatista.
È il primo settembre 2004 quando un gruppo di 32 terroristi, legati al fondamentalismo islamico ed al separatismo ceceno, fecero irruzione in un edificio scolastico. Il sequestro, motivato da un insieme di richieste politico-teologiche, durò oltre due giorni. Alla fine, il tutto si concluse il 3 settembre con un blitz da parte delle forze speciali russe. Il bollettino finale della tragedia fu di 334 morti, di cui 186 minorenni, ed oltre 750 feriti.