Università: sempre più ampio il divario fra Nord e Sud

Greta Tesini

Meno studenti iscritti, meno risultati accademici eccellenti, meno servizi e finanziamenti. Questo è il presente delle Università del Sud, che per l’ennesima volta accende i riflettori su un divario fa Settentrione e Meridione che fa fatica ad essere colmato. Le ripercussioni sono sullo sviluppo locale ed economico delle aree interessate ma anche di tutto il nostro Paese.

Punti critici e possibili soluzioni sono affrontate nel nuovo studio “Il sistema universitario: un confronto tra Centro-Nord e Mezzogiorno” affrontato dai ricercatori Vincenzo Mariani e Roberto Torrini, che illustra nei dettagli i limiti e le differenze all’interno del sistema universitario italiano.

Calo delle iscrizioni

Negli ultimi 10 anni le iscrizioni all’Università degli studenti residenti nel Mezzogiorno sono state nettamente inferiori rispetto al resto del Paese. Ciò è causato principalmente da trend demografici che vedono una vera e propria migrazione dei giovani verso le regioni del Nord. Nel 2019, a fronte del 37% di studenti immatricolati residenti al Sud, solo il 29% risultavano iscritti ad un ateneo della stessa area.

Tre fattori concorrono alla mobilità universitaria in uscita verso il Nord:

  • Prospettive occupazionali migliori;
  • Offerta formativa più ampia e accessibile;
  • Qualità della didattica e disponibilità dei servizi superiore.

Lo sbilanciamento dei flussi migratori in uscita ha ovviamente ricadute sull’offerta di istruzione terziaria. Visto che notoriamente la mobilità è correlata a situazioni socioeconomiche più agiate e con un background formativo superiore, ciò si traduce in un livello medio di preparazione inferiore per gli studenti delle università meridionali ma anche sulla loro capacità contributiva (riducendo ulteriormente i finanziamenti).

Non da ultimo, questo flusso influirà anche sulla situazione demografica del territorio che apre possibili scenari di desertificazione delle Università del Sud, ma anche meno disponibilità di capitale umano per la forza lavoro.

Risultati accademici più scarsi

Il minor numero di studenti iscritti alle Università del Sud è strettamente correlato a una minore probabilità di conseguire la laurea in questi stessi atenei.

Secondo l’analisi della Banca d’Italia, ciò che penalizza il divario formativo è la quota di studenti eccellenti che scelgono di spostarsi al Nord, riducendo di conseguenza la quota di universitari che riescono a completare gli studi al Sud.

Non è però l’unica ragione per cui le performance sono inferiori. Un livello di preparazione degli studenti in ingresso minore (misurato dai risultati delle prove INVALSI durante le scuole superiori) correlato ad una minore qualità della formazione nei cicli scolastici inferiori, e un contesto sociale e familiare mediamente meno favorevoli contribuiscono al divario dei risultati fra Nord e Sud.

Scarsità di risorse umane e finanziarie

L’ultimo punto critico, la drastica riduzione delle risorse economiche ed umane avvenuta nell’ultimo decennio. Questo è dovuto principalmente a un taglio generale dei fondi pubblici destinati all’Università (che ha visto una ripresa solo negli ultimi 3 anni) ma anche al criterio di distribuzione degli stessi. Dopo la riforma del 2010 che prevede lo stanziamento di fondi statali in base al costo standard per studente e ad una componente premiale, i finanziamenti per le Università del Sud sono stati minori rispetto a quelli dedicati al Nord. Sebbene, infatti, i fondi ministeriali siano distribuiti in modo proporzionale agli studenti iscritti, è facile intuire che un calo di questi ultimi è traducibile in una minor ricezione di fondi statali.

Ancora una volta, quindi, il peggioramento delle iscrizioni alle Università del Sud ha avuto una conseguenza anche sul totale dei fondi pubblici destinati a questi atenei. Tuttavia, gli atenei del Mezzogiorno rimangono comunque con finanziamenti minori anche a causa di:

  • Una minore capacità contributiva degli studenti;
  • Una minore possibilità di attingere da fondi privati o Europei.

Tutto ciò influisce sull’assunzione di personale docente (e non solo) e di fondi destinati alla ricerca.

Le possibili soluzioni

Ricapitolando, i fattori che concorrono alla penalizzazione delle Università del Sud sono:

  • Il numero e la qualità degli studenti in ingresso (che si dimostra l’aspetto centrale del problema);
  • Un’offerta formativa e un mercato del lavoro meno attrattive (determinanti per la scelta di studiare di migrare);
  • La minore capacità contributiva delle famiglie meridionali (che limita la possibilità di autofinanziamento degli atenei);
  • Non da ultimo, una governance degli atenei meno efficace e meno capace di offrire servizi e didattica di qualità.

Tuttavia, risulta sempre più necessario l’aumento delle risorse per l’intero sistema universitario italiano per riportarlo al pari di quello dei Paesi più avanzati, ma anche per vedere concretamente la possibilità di colmare il divario fra Nord e Sud. Fortunatamente, negli ultimi anni abbiamo assistito ad un aumento dei fondi destinati all’Università, che hanno permesso l’assunzione di ricercatori. Sarà però fondamentale proseguire con un incremento sempre maggiore così come prevede la legge di bilancio per il 2022.

Come possibile soluzione, Marriani e Torrini suggeriscono uno stanziamento di una “riserva economica” per gli atenei del Sud. La riserva corrisponderebbe a fondi distribuiti attraverso criteri che incentivino il miglioramento della didattica. Questo permetterebbe una riduzione della migrazione verso il Nord degli studenti più preparati, interrompendo il circolo vizioso che alimenta il divario fra Settentrione e Meridione. Ma non solo: maggiori fondi permetterebbero una maggiore mobilità dei docenti verso il Sud migliorando l’offerta formativa. Chiaramente, questa riserva servirebbe anche a compensare la minore capacità di autofinanziamento degli atenei.

Lascia un commento